mercoledì 26 gennaio 2011

T - PO 11403 TERZA FETTA

Sobbalzò quando si sentì mettere mani addosso. Alcuni carcerieri si occupavano di lui professionalmente ed energicamente. Fu messo rapidamente in piedi, e visto che le gambe intorpidite dalla lunga e scomoda positura non lo reggevano, lo afferrarono in due sotto le ascelle e lo trascinarono via di peso.
Quando gli inquisitori entrarono nella stanza capì che erano in diversi: almeno tre deodoranti differenti, di cui uno tipicamente femminile.
Qualcuno dietro le sue spalle gli strappò via bruscamente i tappi dalle orecchie. Fu come se intorno gli esplodesse il mondo. Un grumo di suoni gli penetrò sibilando nei padiglioni auricolari di nuovo liberi, rimbalzandogli fino al cervello.
La voce bassa dell'accusatore risuonò alla destra del prigioniero:
-Hai avuto sufficiente tempo per pensarci su, T-PO 11403. Adesso la mia collega ti rivolgerà qualche domanda: soppesa bene le parole quando le risponderai.
-Ritorniamo alla sera del 2 febbraio di questo anno, gracchiò la voce metallica che ormai il prigioniero ben riconosceva. Non ci interessa nulla dell'uomo che è morto dentro la Mercedes, perché ormai sappiamo tutto di lui: si chiamava Steve Tirrell, 29 anni; era un rinnegato del Minnesota, un ex Marine, espulso con disonore dal Corpo per furto e altre porcherie, un farabutto, ed era la guardia del corpo della tua puttana russa. Da te vogliamo sapere chi doveva incontrare la donna quella notte e dove doveva avvenire l'incontro. Facile, no? Eri tu che guidavi, avrai pur saputo dove andavi.
"Impronte digitali, pensava intanto il prigioniero; calco della dentatura, archivio del DNA, tutti esami che i Marines fanno; poi i dati vengono catalogati e riportati a galla quando occorrono. Shari non ha parlato di sicuro. Sanno il nome di Steve per via dei loro maledetti archivi. Shari non ha parlato, non ha detto niente lei né di Steve né di me, né tanto meno della nostra missione. È uno dei loro sporchi trucchi: spalmare di merda un morto che non può più replicare. No, signori! Shari non aveva parlato, si era infilata nei personaggi del suo Nikolaj Gogol".
-Allora, T-PO 11403, cosa aspetti ancora? Non puoi proteggerla più oramai, la tua puttana russa ha fatto la fine che meritava: l'abbiamo cotta a fuoco lento. Qua e là si è arrostita un po', e le si sono bruciacchiati quei bei posticini che a te piacevano tanto.
La donna dalla voce metallica incominciò a ridere, una risata metallica, naturalmente. Si fece prendere da un accesso di riso arrivando quasi a singhiozzare.
-Bella, vero...bella, vero, la settimana di Odessa...bella spiaggia, bella baita...belle nottate ardenti con la russa tutto fuoco...sghignazzava l'inquisitrice senza più ritegno.
"Come fa questa strega a sapere di Odessa? Una settimana di riposo dopo tanto stress. Chi le ha detto di Odessa? Shari non può aver parlato, Shari non può aver detto nulla delle notti di Odessa".
Nessuno dell'Organizzazione sapeva che loro due erano insieme. Era un loro segreto: a Odessa erano soli lui e Shari, chi aveva parlato?
-Basta con questa buffonata, T-PO 11403! Urlò l'inquisitrice con voce durissima. Con chi doveva incontrarsi quella notte Shari Grigorievna?
Con un attimo di ritardo il prigioniero capì di avere vistosamente sussultato. Troppo tardi! Ormai i bastardi sapevano di avere fatto centro.
Non era riuscito a trattenersi perché la sorpresa era stata mostruosa. Shari non gli aveva mai rivelato il suo cognome, e lui lo aveva appreso per caso da altri russi al campo di Kandahar, e se lo era tenuto per sé come un prezioso tesoro. Oramai non c'erano dubbi: Shari aveva parlato; aveva rivelato il proprio nome, aveva detto di Odessa e delle notti d'amore passate insieme a lui; aveva detto tutto quello che sapeva.
-Deciditi T-PO 11403! Urlò l'inquisitrice. Shari Grigorievna non sapeva chi doveva incontrare quella notte, altrimenti glielo avrei strappato dalla bocca insieme ai denti. Tu eri l'unico che conosceva i piani quella sera e adesso mi dirai tutto, hai capito bastardo?

-Resisti, uomo, resisti! Gli grida Ettore correndo.
-Tieni la bocca chiusa, uomo! Aggiunge Achille correndo veloce.
"Dovete ancora attraversare l'oceano?" Pensa di chiedere il prigioniero.
-No, siamo arrivati sulla tua isola, gli risponde Achille.
"Isola!" Pensa di esclamare il prigioniero.
-Sicuro, è un'isola, risponde Ettore; ma siamo ancora un po' lontani da te.
-Però arriveremo presto, uomo, aggiunge Achille. Non ti lasceremo solo.
-Non sei più solo, uomo, dice Ettore. Tieni duro, disprezza il dolore,
-Disprezza il dolore, uomo, replica Achille; noi stiamo arrivando.
"Terrò duro, ve lo giuro, pensa di rispondere il prigioniero; so come fare, i bastardi non la vinceranno".

-Tu hai un problema adesso, T-PO 11403, disse la voce bassa dell'accusatore. Ti concedo dieci secondi per dirci un nome e un indirizzo.
I secondi volarono.
I carcerieri lo sollevarono dalla sedia e lo sbatterono con la schiena sul tavolo di ferro. Gli tolsero la catena e gli allargarono le gambe e le braccia, fissando le caviglie e i polsi a dei perni che fuoriuscivano dai quattro angoli del tavolo. Uno dei carcerieri gli aprì la tuta sul davanti dal collo all'inguine; un altro gli infilò tra le mascelle una specie di dentiera metallica, incastrandogliela tra i denti e il palato. Fece scattare una molla e le due ganasce della dentiera si aprirono di qualche centimetro lasciandolo a bocca spalancata.
Il cuore del prigioniero iniziò a battere all'impazzata.
Qualcuno gli aveva afferrato il pene poco sotto il glande e tirava con energia, infilandogli nel canale uretrale attraverso il meato urinario uno stelo duro, compatto e freddo, sicuramente metallico, che gli provocò una immediata e dolorosissima irritazione. Certamente sanguinava, ma quel che lo atterriva era la certezza che si trattasse del catodo di un generatore di energia elettrica, il cui anodo teneva già bene incastrato tra i denti.
Ricordò il rumore di un rotore che aveva chiaramente udito nella registrazione delle ultime parole di Shari, e capì. Shari , che era stata allenata a resistere a ogni tipo di tortura psicologica e fisica, aveva confessato vita, miracoli e morte sotto scariche elettriche di chissà che elevato voltaggio.

La prima scarica gli fece battere violentemente la nuca sul tavolo, mentre una serie di atroci fitte gli si propagava dal pene, che gli bruciava pazzamente, a tutte le giunture. Qualcuno gli stava tirando fuori dalla bocca la lingua con un attrezzo a scatto. Il prigioniero non era più in grado di connettere, ma sapeva che anche la lingua gli stava andando a fuoco.
Alla seconda scossa svenne.
Lo fecero rinvenire con una endovenosa che gli ricondusse ogni dolore al posto voluto dagli aguzzini, nei punti cioè più sensibili, nelle sue fibre più nascoste.
-Noi possiamo attendere e ricominciare come e quando vogliamo, T-PO 11403, gli disse l'accusatore. Convinciti che ci guadagnerai tu per primo se collabori; noi possiamo darci il cambio, ma la tua situazione non migliorerà. Arriverai a dirci tutto quello che vorremo senza nemmeno accorgertene.
Il prigioniero tendeva l'orecchio al ronzio basso e costante del rotore, aspettava che aumentasse di volume. Si elevò di colpo con suono assordante e l'uomo si sentì spaccato in due, in quattro, in mille pezzi. Il pene, i testicoli, gli intestini, gli occhi erano diventati carboni ardenti. La lingua non se la sentiva ormai più.
-Se gli danneggiamo il cervello non potrà più dirci niente di sensato, disse l'accusatore.
Il prigioniero sentì il ronzio del rotore affievolirsi.
-Un nome e un indirizzo, T-PO 11403, disse l'accusatore con voce alta e dura; dicci quello che vogliamo e per oggi ti lasceremo in pace.
Il prigioniero si concentrò disperatamente sopra un particolare di una tecnica di difesa che aveva appreso, provato e attuato più volte con successo a Kandahar: rovesciò gli occhi all'indietro, espulse l'aria dai polmoni e attese. Appena la scarica arrivò, fortissima, lui svenne.
Di nuovo pomparono liquido nelle sue vene, ma ormai il prigioniero aveva acquisito la certezza di poter resistere ancora per un po'.
E di nuovo svenne, due, tre volte di seguito.

*
-Svegliati, uomo! Gli intima Ettore. Svegliati del tutto e ci potrai vedere.
-Coraggio svegliati! Dai, uomo, guardaci: siamo qui accanto a te.
La voce di Achille era adesso vicina, maledettamente vicina. Allora il prigioniero prende vigore e li vede, chiaramente, accanto a lui i due eroi, i suoi due grandi amici.
"Mi salverete, non è vero?" Pensa di chiedere.
-Ti salveremo, uomo, gli risponde Achille.
-Faremo cessare i tuoi spasimi e porremo fine alla tua prigionia, gli dice Ettore premuroso.
-Fra non molto sarai libero, aggiunge Achille.
"Potrò venire via insieme a voi?" Pensa di chiedere il prigioniero.
-Noi ti aspetteremo, gli risponde Ettore.
-Sì, ti aspetteremo e poi andremo via con te, dice Achille mentre gli libera la lingua dal meccanismo che la teneva serrata e ferma fuori dalla bocca.
-Ingoia questo adesso, dice Ettore introducendo tra le labbra del prigioniero una pasta morbida, Inghiottine ancora un po'.
"Non riesco a muovere le mascelle" pensa di dire il prigioniero.
-Ci penso io, interviene Achille prendendogli la mandibola e aiutandolo a deglutire.
-Adesso ti rimetto la lingua dentro questo apparecchio, dice Ettore.
-Loro non devono accorgersi di nulla, gli spiega Achille; sarà una bella sorpresa.
"Ma quando sarò libero?" Pensa di chiedere il prigioniero, di nuovo pervaso dal terrore.
-Non avere più paura, uomo, lo rassicura Ettore. Appena loro torneranno vorranno torturati ancora.
-Allora riattaccheranno il generatore elettrico e ti invieranno una forte scarica, gli dice Achille.
-In quel momento tu sarai libero, gli annuncia Ettore.
"E voi sarete pronti ad aspettarmi" pensa di concludere il prigioniero.
Li vede scomparire attraverso le pareti. Si rilassa: da parte sua doveva solo aspettare che i suoi torturatori tornassero.

*
Il colonnello della Polizia Militare Bruce Hiwais timbrò e firmò in alto a destra uno dopo l'altro i quarantasei fogli della sua relazione, aggiungendoli poi alla voluminosa pratica che quella notte stessa un corriere avrebbe portato nella capitale, consegnandola nelle mani del Capo di Stato maggiore.
Avranno da grattarsi una gran bella rogna, pensò il colonnello accendendosi la pipa. Gli si abbasserà un po' la boria a quei saputelli del Pentagono, e farà venire i vermi a qualcuno di quei lazzaroni dei Servizi Segreti, qualcuno che conosceva lui.
Il colonnello sogghignò. Non c'era mai stato buon sangue tra il suo Dipartimento e i Servizi, e lui nella sua relazione non aveva lesinato rimproveri e giudizi feroci. C'era qualcos'altro da fare? C'era qualcuno da salvare in quel gran casino? Nessuno avrebbe potuto accusarlo di partigianeria. Chi sbaglia paga, e caramente come in quel caso. Spendere qualche centinaio di milioni di dollari per organizzare un lager di assoluta sicurezza, dal quale nessun prigioniero potesse evadere e nessuna guardia potesse uscirsene tranquillamente (perché dall'isola sarebbero andati via solamente i morti, ma questo erano in pochi a saperlo), e dove i maledetti giornalisti e operatori TV non sarebbero mai riusciti a mettere il naso, e poi non riuscire a impedire che uno schifoso terrorista si infilasse nel culo una carica esplosiva con cui saltare in aria insieme a sei guardie e tre pezzi grossi dei Servizi, portandosi all'inferno segreti importantissimi, beh! Giudicate un po' voi cervelloni.
Per quel che ti riguarda, complimenti terrorista di merda! Non c'è che dire, hai fatto un bel botto.
Ma i guai non erano ancora finiti, visto che quei figli di puttana di Amnisty International erano in possesso di foto-bomba, avute da chissà chi, foto di una camera di tortura con tanto di generatore elettrico in primo piano e i cavi infilati nell'uccello e nel culo del terrorista, legato mezzo nudo sopra un tavolo.
Il colonnello sogghignò di nuovo: qualcuno si era tagliato le palle da solo.

Batté la pipa sul piano della scrivania facendo cadere la cenere dal fornello. Si alzò e si stiracchiò. Il colonnello Bruce Hiwais era come sempre soddisfatto del suo lavoro: pulito, competente, ben fatto e ben scritto; in una parola, perfetto. Come sempre, appunto.
Entrò in bagno, si lavò le mani, si pettinò, si mise a posto il nodo della cravatta e calcò la bustina con cura. Uscì dal bagno, diede un'occhiata circolare al piccolo ufficio che era stato suo durante le tre settimane dell'inchiesta; rimise a posto la sua seggiola, indossò il soprabito, spense la luce e uscì nell'umidità della sera.

9 commenti:

  1. Sempre più avvincente e bello. Grande. :)

    Ti segnalo che c'è un errorino di battitura. Dove? Sulla tua tasiera esegui la combinazione di tasti CTRL+F e nel campo "Trova" digita "par" (senza virgolette) e poi ENTER. A questo punto clicca il tasto ENTER altre 11 volte e... Buona correzione. Hihihihihihi. :)

    Ciao Enzo.

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  2. **Lenny- Doppio grazie
    Primo, per il tuo giudizio finale
    secondo per il meccanismo -diabolico- che ignoravo.
    Tieni comunque presente che ho dovuto fare salti mortali, perché ho una tastiera tedesca, ma -diabolico anch'io- avevo una copia fatta a mano su un foglio della tastiera italiana, e lì c'era INVIO. Io come una bestia a cercare sto ENTER, smoccolando.
    Quando avevo perso quasi la speranza, guardo la mia tastiera crucca e lì -grosso come una casa- c'era il tasto ENTER, l'ultimo a destra.
    Grazie, anzi arigrazie, ho imparato una cosa nuova.

    Ciau. :)))

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  3. Mi spiace, apro e scorro qualche riga ma mi bruciano subito gli occhi.
    Forse dovrei salvarlo su un file e poi stamparlo ... Che sbattimento!
    Sorry ma proprio non ce la faccio, hai presente il film harry a pezzi? deconstructing fuma.

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  4. **Silvia- Grazie comunque della buona intenzione, perché so quanto la crudeltà ti dia fastidio. Lo considero un omaggio all'amicizia ed all'autore.
    Non ho visto il film, ma ho capito.
    Con calma: il cielo può attendere (non eri ancora di questo mondo quando hanno girato questo film molto bello).
    Ciao. :)))

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Cancellato il messaggio precedente, pensavo fosse un problema tecnico. Sorry. :)

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  7. Eccomi, ci sono. Come botta allo stomaco pensavo anche peggio: in fondo, anche se è brutto dirlo, questo orrore nel mondo di oggi (e di ieri) è cronaca, anche se ci ripugna pensare che degli esseri umani possano fare certe cose ad altri esseri umani.
    Ora, da un lato sono contento della vendetta della vittima contro gli aguzzini (anche se magari un cambio di prospettiva potrebbe benissimo mostrarci - non voglio anticipare nulla - che la "vittima" era persino peggiore di loro, tipo un terrorista intenzionato a far saltare una scuola materna o simili...) dall'altro sono curioso di risolvere il mistero di cosa diavolo sia successo, e a opera di chi.
    Ma tu lasciaci pure morire per un po', di curiosità: dopo averti tanto rotto perché correvi troppo, in fondo ce lo meritiamo... :D

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  8. ** Nik-Tu meriti un premio per la tua perspicacia.
    C'è un mistero, che io non lo svelerò -da buono scrittore, come tu mi insegni- permettendo i miei lettori di dare la spiegazione a loro più gradita, ma lasciandoli sempre nel dubbio.
    Come certi quadri astratti o informali, venuti bene, dove ognuno è libero di vedere qual che più gli piace.
    Come sempre un ringraziamento.

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  9. Ciao Enzo. :)
    Segnalo a te ed ai tuoi cari lettori, dato l'argomento trattato nel tuo racconto, di ritagliarsi un quarto d'ora e di guardare la TESTIMONIANZA DI MIKE PRYSNER.

    Certe cose le TV e i media non le dicono e le si devono scovare dalla rete.

    Ciao. :)

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