mercoledì 12 gennaio 2011

IL CUGINO ADOTTIVO DI K.M. DODICESIMO

12.


Ordinò le macchine che gli occorrevano e assistette alla loro installazione controllando meticolosamente ogni mossa dei montatori, perché aveva nella sua mente già tutto programmato e perfino contato i passi che giornalmente avrebbe fatto nella sua officina.
Poteva sembrare un controsenso uscire dalla Libreria dove era costretto a fare e dire sempre le stesse cose per andare in una officina a percorrere addirittura gli stessi passi quotidiani, ma non era così: non l'uccideva la monotonia bensì quel continuo parlare di tutto e di niente, dicendo stupidaggini per contraddire quelle altrui, che ormai da troppo tempo era costretto ad ascoltare in Libreria. Quello era il regno di Silvia non il suo, che ci rimanesse lei in mezzo ai suoi fannulloni.
Ebbe inizio così una routine che durò più di sei anni. John Cally e Silvia si salutavano ogni mattina con un casto bacio e si ritrovavano alla sera per passare insieme poche ore un po' più vivaci di quelle di prima, quando entrambi tornavano dalla Libreria. Adesso si incontravano più volentieri, e dopo una giornata in solitudine lui aveva voglia di parlare e lei di ascoltare qualcosa di diverso delle sciocchezze del suo quotidiano tran-tran.
Da un po' di tempo Silvia aveva incominciato a notare, con orrore, sul proprio viso e anche sul proprio corpo i segni del tempo che trascorreva, quelle piccole rughe e smagliature che quando arrivano squassano la vita di ogni donna.
-Ma no, che dici! Aveva risposto John quando lei gliele aveva fatte notare. Stai bene anche così, che era stato, come dire, la conferma delle paure di Silvia.
Gli uomini si adattano, si sa, e forse sono felici che le loro belle donne diventino un po' meno belle, così gli altri non le guardano più troppo. Perché però Giovanni Filippi rimaneva sempre lo stesso? Non una ruga, non un capello bianco, non un grammo di grasso in più sulla pancia né mai un problema di erezione, come certi mariti delle sue amiche che stavano lì poi a discuterne per ore e ore, consigliandosi preziosi unguenti, medicamenti miracolosi e le cliniche più adatte e riservate. John Cally era perfetto in tutto malgrado avesse ormai più di quarantacinque anni. Ne dimostrava però quindici di meno e questo faceva sentir Silvia ancora più vecchia.
Senza che se ne accorgesse nacque dentro di lei una specie di rancore che quasi sfociò in odio il giorno in cui una sua amica d'infanzia, che non vedeva da anni perché emigrata in Argentina, la venne a trovare.
-Ti voglio far conoscere il mio compagno, le disse.
Telefonò all'officina e lo pregò di fare uno strappo alla regola. John Cally lo fece a malincuore e si presentò vestito come stava nella sua bottega, con indosso una tuta grigia un pochino troppo corta. Sembrava un ragazzo apprendista. La barba mal rasata dava un tono aspro da macho alla sua aria strafottente. Salutò la zitella che trovò in Libreria vestita e profumata come una zitella, senza spremere fuori la miseria di un complimento o di una osservazione gentile; nemmeno sedette, scambiò quattro parole e se ne tornò al suo lavoro più in fretta che poté.
-È un uomo un po' brusco di natura, cercò di scusarlo Silvia; non parla mai molto.
-Uno così non deve parlare tanto, ammiccò la sua amica. Te lo sei scelto bello giovane, però.
Quella affermazione in libertà della sua amica rimase attaccata sulla pelle di Silvia come un marchio. Dunque era quello che la gente pensava? I commenti e i sorrisini dei clienti all'apparire di John Cally le si presentavano adesso in una diversa dimensione, e lei non ci faceva di certo la figura che avrebbe desiderato.
-Perché non te lo sposi?
Quante volte glielo avevano chiesto, non ricordava più; e lei sempre a dare risposte evasive, stiamo bene così, non siamo fatti per il matrimonio, oppure addirittura, siamo ancora troppo giovani. Chissà quanto avevano riso alle sue spalle. Ma il guaio era che più il tempo passava più lei si vedeva diventare vecchia, mentre lui sembrava ringiovanire. Pensò che doveva disfarsi di lui per tornare a essere una donna nel pieno delle sue energie, così si sentiva una vecchia debole e insicura. Una cura drastica, un taglio netto e via, decise.
Si recò da un notaio per informarsi su come avrebbe dovuto gestire la situazione. Per fortuna la quota iniziale del signor Giovanni Filippi era soltanto del dieci percento; bastavano pochi milioni di lire per liquidarlo. Ancora un paio di milioni per riscattare il diritto del titolo: doveva rimanerci la sigla FDR, perché ormai con quel nome era conosciuta la Libreria. Pensò di aggiungere qualche milioncino e fare cifra tonda nel caso lui avesse sollevato qualche obiezione. Preparò una cena appetitosa e lo attese.
-Ho saputo che c'è un appartamento libero vicino alla tua officina.
-Al secondo piano, si è liberato la settimana scorsa. Perché, ti interessa?
-A me no; può interessare a te, però.
-Vuoi che resti là anche a dormire?
-Voglio che te ne vada, Gianni, disse lei dopo un attimo e aspettò la sfuriata.
Ma non successe niente. John Cally continuò a mangiare la sua bistecca in silenzio; lei continuò a macerarsi l'anima in attesa di un insulto, di una bestemmia, di una domanda, di uno schiaffo, di uno sputo in viso, di qualsiasi cosa. Ma non successe niente.
-Vuoi che me ne vada stasera? Chiese John dopo aver inghiottito l'ultimo boccone. E lei che non sapeva più cosa fare e dire incominciò a piangere.
-Non fare così, la rincuorò lui; ci metto poco a fare le valige.
-Gianni, riuscì a dire lei tra le lacrime, voglio che tu sappia che non c'è nessun altro. E giù un torrente di lacrime e di singhiozzi.
John Cally Filiput batté ogni record precedente nel fare le due valige. In meno di mezzora era davanti alla porta d'ingresso, con lei appoggiata a uno stipite della porta della sala da pranzo come una attrice tragica.
-Ti verranno fuori tutte le tue rughe se continui a piangere in quel modo, disse John e la fece precipitare nella disperazione.
-Piantala, Silvia, fammi il piacere.
Raccolse le valige e le volse le spalle senza più fiatare. Lasciò le valige nell'officina e se ne andò a passare la notte in un alberghetto poco costoso.

11 commenti:

  1. Enzo, cosa è successo nella formattazione del testo? C'è un motivo particolare per il quale la seconda parte del racconto ha un font decisamente più grande? :)

    Complimenti per il racconto. :)

    Ciao.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Povera omonima!
    Dev'essere dura invecchiare da soli.
    L'unica cosa tollerabile del processo stagionatura è il mal comune (ZERO GAUDIO): vedere che anche sul viso delle tue amiche comincia a spuntare qualche bel tatuaggio,
    che la collega che sembrava surgelata comincia a perdere un po' di strafighitudine, (MAGNUM GAUDIUM)
    che tuo marito diventa tutto pepe (i capelli) senza per questo poter essere scambiato nemmeno per sbaglio con il georgetto (INFINITUS CORDOLIUM)
    Poteva, la silvia, fare finta di niente e godersi il corpo giovane del suo filly?
    Ma sì che poteva!
    Però non voleva!
    Un bel casino!

    ... Mister Iacoponibus, non avevo espresso alcun giudizio, ieri, solo le mie impressioni!

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  4. avevo scritto al invece che sul.
    perchè so che curioso come sei mi chiederesti cosa ho buttato nel cestino.

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  5. **Lenny- Non ci ho capito un cavolo fritto. Ho digitato times - langue, che poi mi dà sempre la solita zuppa e poi è uscito fuori sto casino. Ho provato a modificare ma mi veniva ancora più casino. Mi fa sentire tanto incapace sta storia qui.
    Chiedo venia a tutti, ma sono troppo pigro per riscrivere tutto il pezzo, come direbbe Pirandello: "così è, se vi pare".
    Grazie dei complimenti, Lenny.

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  6. **Silvia- Lo so che voi donne cercate rughe sui musi delle vostre amiche come i cammelli cercano acqua nel deserto. Ma io, che masculo sugno, non ho avuto questa finezza per la Silvia del racconto, che si raffronta solo con il suo uomo che non invecchia mai.
    Certo che poteva profittare della situazione, visto che LUI era "di bocca buona" e se la teneva malgrado le rughe e i sottopanza (tiè!);
    ma il racconto l'ho scritto io, cioè un uomo, e le ho fatto venire le convulsioni e le crisi acute.
    Le tue impressioni? Allora scusa. A me era sembrato un giudizio. Scusami sai, sto diventando vecchio.
    Ti credo che te lo avrei chiesto, e di volata.
    Vedere spuntare al viso delle amiche qualche ruga mi sarebbe piaciuto, quasi più del definitivo e più grammaticalmente corretto "sul viso".
    Lasciati andare qualche volta, scendi dalla cattedra, diventa umana e fallibile.
    Io ci provo e ci ho provato.
    Ci si sente benissimo, dopo.

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  7. VERAMENTE dò l'idea della maestra zitella con la bacchetta in una mano e la matita rossa nell'altra?
    La mia maestra delle elementari era così, e non mi ha lasciato un bel ricordo.
    Sono così professionalmente deformata?
    La verità, please.
    Nessuno sconto, per favore.

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  8. Assolutamente no, che diamine! Non hai bisogno del mio sostegno per capirlo da sola.
    Non sarei rimasto tanto a lungo a dialogare con una professionista deformata.
    Il fatto è che sei adorabile quando digrigni i denti e ti incazzi...ma guarda un po'!
    Aspetto con una certa calma -ma non troppa- il tuo giudizio finale. Poi ti dico perché il tuo è così importante, quasi più importante di tutti gli altri, quasi più di quello di un collega geniale come Nik.
    Ricordami, se mai dovessi dimenticarmi, di dirti il perché. OK?

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  9. Il fatto è che non mi viene più da incazzarmi, con te!

    ... prima che ti dimentichi: perchè?

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  10. Intanto ti ringrazio per il "collega geniale". Ricordo di aver avuto anch'io problemi di formattazione, ma non preoccuparti, l'importante è il contenuto (e poi, conoscendo il grande magico LeNny, scommetterei qualche bel soldo sul fatto che ti avrà già dato i giusti consigli per risolvere il problema...)
    Come un bambino che vuol far durare le belle cose, mi tengo da parte l'ultima puntata, anche se l'hai già messa, per gustarmela con comodo nel fine settimana.
    Buonanotte caro amico!

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  11. **Nik- Nessun ringraziamento: geniale lo sei per merito tuo non perché lo dico io.
    In questo caso tra forma (formattazione) e contenuto sto dalla parte del contenuto, a prescindere.
    Troppo complicato per me intervenire sul testo una volta finito.
    Allora fai come faccio io, con le buone cose da mangiare -come i bambini golosi- con le buone letture da gustare e...anche con le ragazze?
    OK, amico mio! Leggi con calma l'ultima parte e buona lettura.
    Ciao

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